LABELS

ALTROVE (766) UN ALTRO GIORNO (253) QUI E ORA (106) NOTE (8)

sabato 27 ottobre 2012

"Quant'è bello Orbetello marcondirondirondello".


Uno dei più grossi fenomeni di costume, uno dei più formidabili mezzi di comunicazione e condivisione di tutti i tempi, qui non c'è. A Orbetello non c'è. Twitter da noi non esiste. Un fenomeno di tale importanza da essere strabordato ormai in ogni dove, soprattutto sugli altri media (specialmente tv e carta stampata) che ormai si limitano ad arrancargli dietro citandolo, menzionandolo, strizzandolo e ciucciandolo (facendo piuttosto buon viso a cattivo gioco), qui non interessa nessuno. E in  tutto questo, a mio modestissimo parere, c'è qualcosa che non va.
Sono moltissimi ormai gli show televisivi o le reti all news, per esempio, che lo citano, che ne usano dati e sondaggi o che semplicemente ne menzionano i contenuti, se non li trasmettono addirittura direttamente in sovrimpressione. Sono tanti i siti d'informazione, i tg, i quotidiani che non rammentano Ansa,  AdnKronos o CNN come fonte, bensì Twitter. In tutto il mondo. Ormai è storia che alcune vere e proprie rivoluzioni siano partite da lì, da questa Bibbia del micro-blogging più avveduto, meno bimbo-minkia,  meno fru-fru. Ma di tutto questo qui non vi è sentore. Criptato. Blindato. Noi  siamo disconnessi. Noi non siamo sintonizzati col resto del mondo di inizio secolo. E quel che più inquieta, chi se ne frega.
Bene, si dirà. Siamo tutti nati e cresciuti senza, non sarà la fine del mondo se senza ci crepiamo pure. Vero, verissimo. Tutto perfetto. Evviva evviva. 
Basta non prenderci per il culo.
Qui non si tratta della smania tamarra per l'I-phone 5 che l'I-phone 4 va benissimo lo stesso e il 3 pure, tanto per quello che la stragrandissima maggioranza di noi deve farci..  O del Suv ingombrante, inqinante e coattone per andare a prendere la creatura  a scuola che se tanto mi da tanto è tutto il fuoristrada che possiamo concederci  a Orbetello dove la highway più impervia e avventurosa che la maggior parte di noi percorra nella vita è quella che costeggia il Parco delle Crociere; non è il raccapricciante cintolone con scritto D&G che quel simpaticone di Stefano Gabbana non ha visto mai neppure in cartolina  figuriamoci averlo disegnato. Questo è il cafonal d'ordinanza sul quale si può tutto sommato chiudere un occhio.  
Qui stiamo parlando di tutt'altra faccenda. Questo è provincialismo, questa è chiusura pressochè totale, questo è abbruttimento, questa è latitanza ormai cronicizzata del benchè minimo stimolo culturale della maggioranza di noi, incluso e anzi soprattutto (ahimè) i meno attempati.
Da noi è un defluvio, una febbre gialla, uno tzunami di cazzate (vi prego, chiamiamo le cose col loro nome) su Facebook: e Favaville a livelli di patologia compulsiva, e il micino coccolino, e le faccine smile e i cuoricini fluorescenti, le canzoni di Tiziano Ferro-ooh-è-gay-ma-è-troppo-stra-tenero, e lo slogan tera tera "loro rubano e noi paghiamo - condividi se anche tu la pensi come noi" (versione remixata del più realistico "loro rubano e noi li abbiamo votati con plebisciti biblici perchè il momento di informazione più alto che ci concediamo è il culo della velina a Studio Aperto),  e lol, e la juve-ruba -gli-scudetti, e le foto con le boccucce, e se-ci-fosse-il duce-non-ci sarebbe-Schettino (giuro..) e una stronzata via l'altra. Tutti: assolutamente tutti senza distinzione di razza, sesso, condizione sociale e credo politico o religioso, dallo Scalo fino alle vippissime  alture di Terra Rossa. Tutti. 
Twitter è probabilmente il giornale che noi stessi scriviamo e che leggiamo perchè scritto da noi  stessi. E' l'instant-information a cui nessun altro organo canonico può tenere piede; è lo status quo pericolosamente senza filtri, è la notizia che nessun editore lobbista può far sparire con un solo sguardo truce al direttore, è il fatto che finalmente non ve ne facciamo passare più una che è una, e se fin'ora ci siete riusciti da qui in poi sono cazzi. Twitter è la società di oggi che nessun potentato, intelligence, regime, lobby o dittatorucolo nababbo riesce a mettere al guinzaglio. Quel logo imbecille con l'uccellino è un piccolo, fastidiosissimo, inabbattibile, inarrestabile sintomo di una società completamente nuova, il prurito di un mondo completamente in evoluzione e trasformazione, che gli storici di domani chiameranno evo qualcosa. 
Ma in questa Orbetello dell'orticello, della riunione condominiale (l'invenzione più idiota del ventesimo secolo), della partitella alla Play, della caccia selvaggia all'aioletta incolta, di una sagra via l'altra, dello smalto alla Barbara D'Urso, dell'abbassa la tua radio per favor che sono vip e devo riposare dopo lo stress di essermi comprato praticamente l'intero centro storico, e del via l'artista di strada che mi copre la vetrina (sic) e dell'inospitalità e della chiusura ormai incancrenite, non c'è posto per sta robetta qua.
E allora ok: ci sto. E vai con  "Orbetello Amarcord", "Questo è Orbetello",  "Quanto è bello Orbetello (aggiungerei marcondirondirondello) e tutto quello che vi pare. Ma ripeto: senza prenderci per il culo.
Questo paese è morto. Morto e se n'è accorto. Morto culturalmente. Morto al punto da auto-esentarsi da uno dei più giganteschi fenomeni sociali e di costume dell'intera storia moderna. 
E io che di figli non ne ho, per quanto possa fregarvene, preferirei far crescere il mio in un paese sommerso da aiolette incolte e fontanelle dallo zampillo intermittente ma un pò meno in prognosi riservata di questo. E siate pietosi: smettete di raccontare sta favoletta della cultura a Orbetello perchè c'è il concertino nerd, la sagra del giornalista radical chic, e Nada alla Parrina. Voi sapete come lo so io che troppi dei nostri giovani il web lo usano per You Porn e poco più e sai che cazzo gliene frega di Nada o di  chiunque altro, sapete come lo so io che troppi dei nostri ragazzi ciondolano in uno stato di sedazione perpetua e non se ne esce fuori, sapete come lo so io che siamo fuori, siamo indietro, siamo al buio e stiamo in crisi lezza. Chi racconta altro racconta cazzate. Sapendo di raccontarle.  Firmato, un orbetellanissimo d'oc che, sia chiaro, non prende lezioni di orbetellanità da assolutamente nessuno.


Nessun commento:

Posta un commento