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domenica 30 settembre 2018

working class hero

ad anni luce da quel particolare contesto socio-culturale, da quei tempi nevrastenici e utopistici ma allo stesso tempo pazzescamente pulsanti e creativi, dall'esplosione di quei nuovi costumi e nuove vibrazioni che così bene rappresentavano le turbolenze di ciò che stava diventando la società moderna che poi noi ci saremmo ritrovati in dotazione, a un'intera epoca di distanza, dicevo, alcune delle sue magnifiche canzoni quasi mi sembrano provocatorie, tali l'ingenuità e la retorica che le infarciscono, piccoli grandi concentrati di delirio mistico-pacifista ("chanting the mantra, peace on earth") che sarebbero apparse come delle sonore scemenze in bocca a chiunque altro, ma che assumevano la potenza deflagrante di vere e proprie cannonate in bocca ad un uomo che invece era terreno come pochi altri, spigoloso e algido come pochi altri e che, avremmo poi saputo, nella vita reale di sicuro tutt'altro che quel concentrato di fratellanza e amore universale di cui in esse farneticava, che al suo amico d'infanzia e partner in crime Paul Mc Cartney non avrebbe "fatto i complimenti se non una sola volta (per "Here, there and everywhere" poi inclusa in "Rubber Soul"), che si vantava che i Beatles fossero "più famosi di Gesù" e a cui abbiamo dovuto perdonare proprio tutto, dal raccapricciante periodo Maharishi all'asfissiante presenza di quella donna che lui e solo lui amava in modo viscerale e che invece agli occhi del mondo intero appariva sgradevole e inutile per usare un paio di eufemismi, con la quale ci avrebbe regalato quel "Double fantasy" con le sue ultime creazioni, piccoli capolavori (e capolavori per davvero, non per modo di dire) di melensaggine, semplici, geniali e contagiose come lo erano quasi tutte le sue canzoni, non fosse per dei testi stavolta esclusivamente sentimentali, amorosi (e non uso questo termine a caso) di una banalità quasi offensiva e di una bellezza altrettanto offensiva, ma ahimè, appunto, alternate alle mezze porcate scritte dalla sua amata e da lei cantate con quella voce che riusciva a risultare persino più sgradevole della sua spocchia, ai tempi in cui non esisteva neppure il tasto skip per levarsele dai coglioni rapidamente ed ascoltarsi in pace solo quelle di lui, quelle di quell'ex giovanotto di Liverpool che, tra una droga e l'altra, tra un'orgia e l'altra, tra una seduta di meditazione e l'altra si sarebbe preso il disturbo di cambiare i connotati alla musica contemporanea come un Mozart qualsiasi, con in mano una bacchetta virtuale con cui avrebbe diretto l'orchestra dei tempi moderni, spingendoli in una direzione tutta nuova, per poi decidere all'improvviso, in una fredda mattina di un dicembre newyorkese, di piantarci una coltellata tra le scapole facendosi uccidere dal primo imbecille di passaggio. Così ora al mondo non resta che festeggiare, tra qualche giorno, il suo compleanno. 
Senza l'invitato più speciale.


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