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martedì 22 marzo 2016

sant'Erasmus

spero che non esista al mondo neppure un solo imbecille che pensi che il programma Erasmus non vada bene, tanto per sciacallare un po' su un incidente che è appunto solo un incidente, di cui si accerteranno eventuali responsabilità a partire proprio da quel "scusate, mi sono addormentato" detto dall'autista ai soccorritori. L'unica cosa veramente buona, veramente importante, veramente utile e formativa che questa miseria d'Europa sia riuscita a partorire. Talmente buona che c'è da sospettare che l'abbia partorita per sbaglio. A loro dire, per loro stesse parole, quelle ragazze non si sentivano "abbandonate in una grande città". "Ogni mattina" raccontano "uscivamo di casa entusiaste". 
E questo è il senso. Apprendere, confrontarsi innanzitutto con noi stessi, apprendere o migliorare una lingua straniera, conoscere, fare esperienze, studiare, fare scoperte e farne di quotidiane, tutte cose di cui beneficia soprattutto una cosa: l'apertura mentale, la mentalità finalmente meno provinciale e più europea dei nostri ragazzi. Un approccio meno esclusivo e più inclusivo con la società, e cristo se ce n'è bisogno. 
Non mi interessa che le povere ragazze fossero italiane e che l'incidente sia successo in Spagna (in quelle condizioni difficili e a quell'ora di notte sarebbe potuto succedere ovunque): si tratta invece di ragazze europee che sono rimaste vittime di un incidente in Europa. 
Altro che abolire Erasmus, come suggeriscono quelli che fanno a chi la spara più grossa tanto per aver un'unica specialissima occasione di finire su un trafiletto di giornale o a dire pietose amenità da Barbara d'Urso. Erasmus dovrebbe diventare obbligatorio, come lo è stata la leva coatta (quella si che non serviva a un cazzo), quella che spingeva i ragazzi a rompersi le dita col martello pur di passare tre giorni di convalescenza a casa. Queste invece si sperticavano in richieste affinchè il loro periodo di permanenza in Spagna fosse prolungato almeno di un mese. 
Per tredici giovani vite europee spezzate ce ne sono centinaia e centinaia di migliaia migliorate, arricchite, completate. Non posso parlare per loro, ma qualcosa mi dice che le nostre sette sfortunate ragazze direbbero esattamente le stesse cose. E perciò avanti tutta col Progetto Erasmus. Magari senza trasferte ad ore impossibili sotto la pioggia battente.



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