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martedì 29 ottobre 2013

"la musica è finita, gli amici se ne vanno.."

     
                                                                 (puoi ascoltare la canzone, leggendo il post, qui.)

Stasera, tornando a casa da una festa di compleanno, ripensando allo scambio di battute che avevo avuto con un amico sul post in cui invocavo un po' di riconoscenza da parte di tutti coloro (tanti) che hanno saccheggiato in lungo e in largo l'intero scrap-book di Lou Reed, non lasciandosi ispirare, non citandolo, non appropriandosi delle sue geniali, a volte sorprendentemente elementari intuizioni poetico-melodiche, bensì assai più paraculamente scopiazzandolo senza il benchè minimo residuato di ritegno, mi sono ritrovato a canticchiare per fortuna non una delle aberranti robe da villaggio-vacanze che avevo ascoltato sino a quelche istante prima nel contesto festaiolo, bensì sottovoce, fra me e me, una vecchia canzone dei Velvet Underground.
 Le amavo alla follia un pò tutte. Ma ce n'è sempre qualcuna che finisci con l'amare di più per motivi che non hanno nulla a che fare col pentagramma. Canticchiavo quella. Fra me e me. Canticchiavo Pale blue eyes (mi accorgo di citarla spesso, infatti). Quella tenera ninna nanna quasi country (sapendo quanto Lou amasse la coutry music, cioè meno di affatto), una piccola manciata di versi veramente diretti, semplici, easy, quasi adolescenziali, alla Simon & Garfunkel de"Il Laureato" (e sai quanto Lou amasse pure loro..), anni luce che so dalla visionaria "Andy's Chest" o dal neorealismo urban di "Waiting for the Man", ovvero le cose che allora ci sdraiarono, ci schiaffeggiarono in pieno volto e ci fecero venir voglia di raccattare due cose, salire su un aereo, andarlo a cercare da qualche parte a New York per stanarlo, guardarlo negli occhi e urlargli "baciami stupido". E invece questa. Che quando la ascoltai la prima volta da ragazzino inizialmente pensai "questa deve averla scritta una domenica pomeriggio. E probabilmente si annoiava molto. O era strafatto come pochi altri al mondo". 

"Sometimes i feel so happy, sometimes i feel so sad. Sometimes i feel so happy but mostly you just make me mad. Baby you just make me mad. Linger on your pale blue eyes..".

 Nel silenzio ventoso della notte di quasi novembre, ritmicamente sullo scandire delle suole delle mie scarpe, con il delay naturale di un arco sotto il quale ti succede di passare, ai piedi della sonnecchiante solennità di un duomo. Mi sembrava di sentirla da fuori, mi sembrava altro da me, non da dentro, non dalla mia voce. E sai cosa? Era bellissima.


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