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giovedì 23 marzo 2017

quando i ragazzi neri sembrano blu

finalmente ho visto Moonlight, che ha vinto tutto il vincibile possibile nel mondo della cinematografia, dall'Oscar e il Golden Globe in giù. E devo dire che non mi aspettavo un film così asciutto (troppo asciutto?), così enigmatico (troppo enigmatico?), così freddo (troppo freddo?) e così elegante stilisticamente, visto il marciume in cui andava a raspare. Non so. Davvero. 
 Scopro con sorpresa che il testo (da cui è tratta la sceneggiatura Oscar dello stesso autore) era addirittura semplicemente la sua tesi di laurea, diventata poi testo teatrale e, appunto, film. E sti cazzi la tesina. 
La nota veramente negativa è il massacro dell'adattamento alla lingua italiana. Specie le due fasi (di tre complessive) in cui il protagonista è bambino e adolescente. Un linguaggio che immagino essere stato originariamente in strettissimo hood slang del ghetto, interpretato dalle vocette impostate di giovanissimi traduttori italiani in perfetto stile rapper degli spot delle merendine. Ma a parte questa pecca (quasi inevitabile), non so. Davvero. 
(ps: a parte che Mahershala Ali è di una bellezza sconvolgente. Quello lo so).


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