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mercoledì 12 aprile 2017

la (s)fortuna di chiamarsi Whitney

un post (sponsorizzato) che gira su Facebook e che preannuncia l'arrivo nelle sale per due giorni del docu-film "Can i be me?" sulla vita di Whitney Houston, si conclude con le parole "diva sfortunata".
Sfortunata? Whitney Houston ha avuto dalla vita tutto ciò che qualsiasi altra donna può anche solo osare di sognare: bellezza, talento, un successo epocale (discografico e cinematografico, 190 milioni di dischi venduti), l'amore, una famiglia, una figlia. Che poi abbia provveduto a polverizzare questa immane botta di culo con le sue stesse affusolate manine, finendo col morire in un cesso strafatta di crack, dopo essersi ridotta alla larva di se stessa, perennemente gonfia di ogni droga possibile e immaginabile, totalmente inerme difronte all'assalto famelico di un clan familiare che qualche ben'informato non ha esitato a definire mafioso, e alle botte di quell'avanzo di galera del marito, è tutta un'altra fregna, e non ha assolutamente niente a che fare con la "sfortuna". Whitney Houston può essere stata un sacco di cose: alcune meravigliose e altre terrificanti. Ma di sicuro non è stata sfortunata.
 Se lo è stata lei, allora la stragrande maggioranza delle donne possono agevolmente spararsi un colpo in bocca. Ora.


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